Tra le terre di Sandro Pecchiari | Ivana davanti al mare di Veronika Simoniti (traduzione di Sergio Sozi, Morellini editore, 2022)
Un periodo drammatico della storia europea, in quello scontrarsi/incontrarsi di popoli, rappresentato da Istria ed ex Jugoslavia, Trieste e la Slovenia, viene descritto con elegante ma obiettiva delicatezza nel nuovissimo romanzo Ivana pred morjem di Veronika Simoniti, tradotto da Sergio Sozi per Morellini editore, collana Varianti, 2022 con il titolo Ivana davanti al mare.
Il libro è stato segnalato al Premio Modra ptica per il miglior manoscritto e al Premio Kritiško Sito dell’Associazione dei critici letterari sloveni. Ha vinto, nel 2020, il Premio Kresnik per il migliore romanzo dell’anno ed è stato ufficialmente presentato a Trieste il 16 giugno 2022 in cui l’autrice ha dialogato con la scrittrice Federica Marzi.
“Il ricordo, per me, era diventato come la polvere descritta dalla mia collega Marta di Eunilangue: ‘strofinare non sarà mai sufficiente, lei penetrerà, si sovrapporrà sugli oggetti e li renderà grigio cenere. Diventeranno più scuri o più sbiaditi, e non torneranno mai più gli stessi’. D’un tratto mi ricordai di quando una volta nonna mi disse che i ricordi erano come le bambole con cui giocano le ragazze: giungevano dalla fabbrica sotto forma di piccole creature graziose, poi venivano rivestite e acconciate a piacimento. Secondo lei le bambole erano eterni bambini immaginari che non crescevano mai. Eravamo noi, nel corso del tempo, a spogliarle e poi a mettere loro panni diversi.”
Il romanzo conduce a meditare sulla natura della memoria e i suoi percorsi inafferrabili: si svela per segmenti spesso atemporali, affastellando e arruffando i ricordi come una manciata di elementi sparsi sulla tavola: carte da gioco, pedine, lettere ritrovate o fotografie. La memoria permette di spaziare emotivamente tra ricordi adiacenti e ricostruirne un filo conduttore che varia sempre, si dipana e si dirama. I ricordi si prestano docilmente a venire illuminati e travisati. Sotto sotto dimostrando con un po’ d’ansia che gli accadimenti della vita e quindi la vita stessa sono continuamente rimodulabili e rispiegabili.
Ma ci sono volte in cui la memoria subisce uno scacco e, invece di celare e rivelare a suo piacimento, è costretta a fare i conti con elementi esterni del tutto inaspettati con cui è costretta a resettarsi e risistemare un intero lasso di tempo-vita con un qualcosa di mai conosciuto né mai vissuto, men che meno rimosso. È la situazione in cui si comprende che non si può andare in giro per il mondo e costruirsi una vita senza sapere quali siano le nostre origini.
Ivana davanti al mare inizia con un incipit potente:
“Se, a dicembre, un agente immobiliare di Lubiana non mi avesse scritto a Parigi, dicendomi che aveva un acquirente serio per la nostra casa sul Litorale, io non avrei, poco dopo, trovato quella foto, né avrei scoperto la storia occultata dall’immagine e dal tempo. Dovevo, aveva aggiunto l’agente, preparare tutti i documenti e firmarli in presenza di un notaio. Questo avvenne immediatamente dopo il triplice attacco terroristico e a me non sarebbe affatto piaciuto dover subire i controlli intensificati degli aeroporti.”
Il lettore viene quindi immediatamente coinvolto in un inizio in cui presente, passato, passato personale, ricordi di avvenimenti storici dolorosi, le ricadute della Storia sulle vite di ognuno, durante e nel lungo periodo difficile dopo la guerra, l’attacco doloroso al Bataclan Club a Parigi, le coordinate familiari della narratrice, succinte ma precise si susseguono e intersecano come caselle di un gioco da risistemare: tra i reperti del passato spunta la foto ingiallita della nonna incinta che tiene per mano la figlia di cinque anni, mentre la mamma della narratrice si credeva figlia unica. Il tutto nel difficile 1943, confuso, doloroso e mutevole.
Il libro si rivela un vero page turner in cui ci si trova a dipanare e divorare le storie parallele di due periodi storici diversi, il passato collettivo e i destini individuali attraverso tre generazioni di una famiglia, scoprire che cosa collega luoghi diversissimi quali Parigi, il Litorale sloveno, la Serbia, Trieste, Duino, paesini sparsi dove gli stessi personaggi vengono sparsi quasi a casaccio dagli avvenimenti bellici. Ma soprattutto “cos’era successo del figlio che evidentemente era mio zio o mia zia? Lui o lei era forse morta, o sparito nell’ignoto, fuggita, aveva avuto un incidente, era stato ucciso, era diventata matta o aveva perso la memoria; costui stava per riapparire improvvisamente per mettere sottosopra tutte le mie idee e storie familiari; costei avrebbe portato con sé della prole: i miei sconosciuti cugini? Era nato veramente, era davvero venuta al mondo?”
Gli avvenimenti ci vengono incontro su due piani temporali diversi, ma capovolti. La storia passata viene narrata al tempo presente, riprendendosi il ruolo di personaggio principale. Mentre il diario dello svuotamento e del trasloco dalla casa nel Litorale viene raccontato nel tempo passato. Come se alla fin fine il passato stesse sempre davanti a noi.
E sono sempre presentissime le possibili case da abitare, abitate effettivamente, precarie o immaginate. La casa, le diverse case nei diversi posti sono sì luoghi veri, da riorganizzare, da scoprire e da immaginarne le storie se sono case altrui, o provvisori; ma sono anche luoghi e percorsi interiori, organismi viventi, stati d’animo, modi di essere, scelte difficili da fare nelle diverse fasi dell’esistenza. E gli oggetti ivi contenuti non hanno potere se non quello di rimanere alla mercé di chi decide di mantenerli in vita, se sanno tenere vive in sé delle storie, o di eliminarli per sempre.
“Se si suppone che la casa e la dimora siano spazi di un ordine interiore, ma anche luoghi di libertà e di anarchia intima celata agli occhi altrui, allora ad un primo sguardo il nostro appartamento sul Litorale non era assolutamente tale: ricordava troppo una determinata epoca antica, più severa. Dopo la morte dei miei nonni, nei primi anni Novanta, e poi di mia madre pochi anni fa, Pierre e io ci venivamo soltanto in occasione delle vacanze e, ad eccezione di alcune piccole modifiche, non avevamo avuto il coraggio, o comunque non avevamo mai voluto cambiarvi niente. (…) L’appartamento conteneva le tracce delle mani che avevano appeso un ben preciso quadro in un ben preciso punto, il tenace odore di sale di muri che attraevano l’umidità, sempre lo stesso tubare di piccioni sul pino davanti casa, il quale era più distinguibile durante i vuoti pomeriggi domenicali. Frammenti di tre vite – il capitolo finale di mio nonno e, dopo la sua morte, di mia nonna da sola, e una parte della giovinezza di mia madre… a non mettere in conto le mie estati con Pierre.”
e ancora:
“Dopo aver rimosso degli armadi e alcuni quadri, apparve sulle pareti, qui una vernice color verde chiaro, lì un’altra giallo mostarda, risalenti a trenta anni prima o forse più. La tinta sbiadita mi restituiva lo sguardo fisso silenziosamente e pigramente, mentre io m’aspettavo stupidamente non so che tipo di teletrasporto quantico al tempo che fu. Ogni volta che scoprivo il bordo irregolare della chiazza chiara lasciata dai quadri sui muri ricordavo un evento connesso con questa o quella stanza, con questo o quell’oggetto. (…) Dunque inscatolavo. Classificavo. Spostavo. Accartocciavo documenti. Cestinavo e gettavo la roba nel cestino e in grandi sacchi di plastica. Giudice impietoso, decidevo cosa sarebbe entrato nell’eterno nulla e cosa avrebbe continuato a vivere.”
La casa viene venduta e con il ricavato ne viene acquistata un’altra, ma rimane dovunque, nei pochi mobili e quadri traslocati, nella sovrapposizione della vita a quella dei precedenti proprietari, negli oggetti, nei libri, nelle lettere ritrovate per caso che rivelano quanto successo al misterioso bimbo/bimba della foto del ’43, proprio alla fine del libro.
È piuttosto raro e una piacevole sorpresa, leggendo questa storia avvincente, venire condotti nella consapevolezza della percezione degli odori nelle loro varie sfumature. L’olfatto nella nostra cultura sembra piuttosto ignorato se non addirittura ostracizzato, mentre qui nelle descrizioni ci rimane impresso nella mente l’odore di crini di cavallo ammuffito del divano, la mistura di aria fresca, la resina del pino davanti alla finestra del soggiorno, la polvere, la vecchia carta di libri non aperti da lungo tempo, il disagio nel primo incontro creato dall’odore greve del treno preso da Jadran e l’umidità impressa nei vestiti di Ivana che li segue per tutta la giornata e non li fa avvicinare. E che dire del corpo di Vitalij nell’amore nel bosco, corpo che sapeva di umidità, di marcia e di fumo ecc…
O le associazioni visive spiazzanti, una per tutte le macchie di sangue lasciate sulle lenzuola del letto di Jadran dalle cimici, macchie che assomigliavano a mirtilli schiacciati e i mirtilli del sottobosco dove Ivana si era unita con Vitalij. Sono tutti particolari olfattivi e visivi di azioni precedenti che si prolungano e permeano gli accadimenti quanto la scorzatura della vernice nel trasloco dell’armadio o le tracce di colore più intenso nel rimuovere i quadri e i mobili.
La rimozione appare ancora più visibile della presenza effettiva delle cose: viene in mente il capitolo nell’Atlante Occidentale di Daniele Del Giudice in cui, durante una visita alla villa-castello Voltaire, l’angosciata guardiana mantiene le finestre sbarrate poiché le tracce degli arredi restano visibili solo se le stanze rimangono al buio. Mantenendole invece in piena luce, persino spolverate e ripulite, come nel romanzo di Simoniti, si riesce ad assumerle quietamente in noi, causando contemporaneamente la loro pacificazione e la loro sparizione.
Il libro racconta di avvenimenti storici estremamente dolorosi descritti con levità e tenera ironia e autoironia. E alla fine, dopo tutti gli accadimenti, come in un film, “L’attore camminava dietro le quinte e – tlac tlac – accendeva a uno a uno i riflettori, la cui luce si circonfondeva su una sala da pranzo e su una sedia, intagliava le ombre nel drappeggio della tovaglia e formava le pieghe della coperta color carminio che stava sul letto”, suggerendo che tutto si ripete e si rivive come se ci fosse sempre una prima altra volta.
Un libro meritatamente pluripremiato che sa lasciare un segno profondo nel lettore.
Trieste, 24 luglio 2022
30/07/2022 alle 13:05
felicemente fortunato delle indicazioni che lasciano tracce preziose
01/08/2022 alle 06:03
Mi piace…coinvolgente,,,
01/08/2022 alle 11:36
Grazie per gli apprezzamenti. Sono riuscito a stuzzicare la curiosità senza spoilerare quasi niente 😀
14/08/2022 alle 10:51
Dice molto senza dire troppo. Decisamente stimolante.