Spazio di Claudia Zironi | Giocare con gli abiti e le poesie di Grata Somaré: l’antimoda

 

Grata Somaré, con il suo “vèstiti per gioco” ha fatto della sartoria un’arte performativa e del suo corpo una galleria d’arte itinerante poiché la si può spesso incontrare, anzi, veder sfilare per le strade di Bergamo. Come scrittrice ha all’attivo un certo numero di libri di viaggio, la poesia per lei è una recente forma espressiva ancora totalmente inedita.
Vi proporrò qui le foto e le storie di alcune sue creazioni da indossare, pazientemente ideate, tagliate e cucite da lei stessa e abbinate con accessori fatti magari da altri artigiani ma sempre su suo disegno, intervallate alle recenti produzioni della sua penna.

 

 


Al risveglio
impresto la vita
alle rassicuranti abitudini
dei gesti semplici
Apro la porta al cane
che vuole uscire
Accarezzo il gatto
che si stira sulla soglia
Fischio “ecco qua” agli uccelli
che hanno fame
Salvo il millepiedi
scivolato nella vasca
Guardo la luce
che filtra tra gli alberi.
Scaduta la breve tregua
del cessate il fuoco
riconsegno la vita
al mondo avvelenato 


 

 


Come richiesto dall’esame
ho consegnato il tema sulla vita
in bella copia
versione scolastica
banale neutra un po’ noiosa
qui sorvola là si dilunga
come quando non bastano le idee
e bisogna comunque
arrivare a riempire almeno
la terza pagina del foglio protocollo.
Avendo rispettato
diligentemente
le regole della grammatica
un sufficiente
lo potrei forse meritare
magari anche un 6+.
Quell’altro foglio
scritto
in brutta copia
l’ho buttato nel cestino
della carta straccia
ho cancellato prima
ogni parola e frase  inconcludente
e alla fine
sono rimasti solo
le virgole i punti
e, in fondo,
-ben evidenziato-
un punto di domanda


 

 


Come scrive Hikmet:
“La vita non è uno scherzo
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo… “
che non si aspetta nulla
oltre alla vita.
Così , un giorno,
lo scoiattolo
entra in casa
si nasconde nel camino
e crede lì
di essere al sicuro,
ma,
se lo trova il cane,
è morto.
Ho appoggiato in un vaso
di menta
il suo corpicino fragile

 

P.S. Così morbido, non ho potuto seppellirlo. Qualche giorno dopo, sono tornata per guardarlo, ma non c’era più. Forse l’aveva preso qualche altro animale, ma a me piace credere che sia resuscitato.


 

 


Kairós contro Kronos- Kronos contro Kairós

Era quello inventato
il mio tempo di mezzo
-perfetto-
dove il più impercettibile movimento
si allungava disteso
sull’onda dei desideri esaudibili
mentre il tempo di fuori
-contato-
rotolava
a precipizio
giù  per la china
dell’esausta esistenza


 


Dalla finestra il tramonto non si vede. La finestra guarda a oriente e il sole è sceso alle mie spalle. È già quasi buio e  quello che contiene la sera di tutta la giornata e di tutti i giorni i mesi gli anni -della vita intera- è un pensiero denso e senza forma, fatto di tempi passati, speranze allegria errori guai mancanze. Senza parole  per esprimersi, rimane in quel quasi buio solo il peso  sospeso di una sensazione.
Anche le malattie, come le febbri,  alla sera si aggravano.


 

 

Piove. Persiane chiuse.
Nell’attesa di un cenno
gentile
l’unico segno di vita
è il tuono
che spaventa il cane


 

 


Tengo la mia consolazione
in un posto sicuro
segreto
La tengo di riserva
e la uso solo 
di nascosto
e per necessità.
È il segno che io metto
-tra l’ultima pagina che ho letto
e quella che devo ancora incominciare
-tra il prima e il dopo
-tra il dire e il fare
-tra la sorpresa che mi è stata fatta un giorno 
e l’accontentarmi l’indomani di quella che mi era stata fatta ieri
-tra il sole di oggi e il
“forse domani pioverà “ 
-tra il “è ancora inverno”
e il ”oh, guarda! Il mandorlo è fiorito”
È il tempo che non c’è
           -rubato-
impercettibile e nascosto
-tra i minuti le ore e i giorni
della normalità.
Ma se quell’esile intervallo 
interposto  a scandire
     -e messo lì apposta
      per non dimenticare-
non fosse solo
un  sottile
<tra>
una cosa e l’altra,
potrebbe essere il tutto
che comprende
abbraccia e dà 
un senso
al quotidiano
vivere


 

 


Non dico il mondo vero
ma almeno il mondo che non c’è
-perché fatto solo di parole-
dovrebbe essere pieno
di buoni sentimenti
di entusiasmo di trasporto
di impulsi di sollecitudine
di calore a braccia aperte
di dolcezze immeritate
di mancanze riempite
di desideri espressi
di speranze appagate
di maldestri tentativi in buona fede
di belle sorprese
di apparizioni magiche
di voli alti in libertà 
di manifestazioni di affetto
incontrollato
di cuori sorpresi
da felicità in prova
di qualsiasi poca cosa
ma soprattutto buona
di tutto quello che dovrebbe
ma non è
Invece
questo mondo immaginario
è una stanza vuota
-in rassegnata e indefinita attesa-
mentre
nella stanza accanto
si sente solo il cane
che 
dormendo
sogna di abbaiare.


 

 


Vieni
e scendi con me di corsa i cento scalini che portano alle rocce bianche e piatte della spiaggia di Sirmione
Vieni
e, per non perderci, attraversiamo, tenendoci per mano, la nebbia di Milano
Vieni
e accompagnami ogni mattina a scuola, attraversando piazza del Duomo, la galleria, via Manzoni,
l’arco in fondo e, camminando alla fine sulla ghiaia scricchiolante dei giardini pubblici -superato il busto di Dante nell’ingresso- arriva con me nel salone buio con gli affreschi del Tiepolo al soffitto
Vieni
e unisciti con me alle compagne mentre entriamo alla fiera campionaria di San Siro, dove fingiamo per gioco di essere francesi
Vieni
non lasciarmi sola. Impara con me a leggere in cadenza l’esametro dattilico del De Rerum Natura mentre, confinata a letto, aspetto di guarire dalla mia malattia
Vieni
e, se conosci quel paese, ascoltiamo insieme quella voce antica che recitava in classe la poesia che proprio adesso avrei potuto recitare anch’io:
«Kennst du das Land
wo die Zitronen blühn?
Im dunklen Laub die Goldorangen glühn
Ein sanfter Wind
vom blauen Himmel weht
Die Myrte still und hoch
der Lorbeer steht
Kennst du es wohl?
Dahin, Dahin möcht ich mit dir
Oh, mein Geliebter, ziehn!»
Vieni
l’appuntamento è in via Festa del Perdono, alla Statale. Prendi il braccio di un compagno nel cordone e scendiamo in piazza insieme per la Spagna, il Vietnam, la Palestina, il Cile e per difendere i diritti che crediamo più fondamentali
Vieni
non a cantare oggi le solite belle canzonette, cantiamo invece in coro con voce forte e chiara le canzoni degli Inti Illimani e degli Stormy Six
Vieni
ritorna
rimani
non lasciarmi andare.
Il mondo brucia.

Ma chi sente il mio richiamo e viene a ripercorrere con me queste malinconiche tracce del passato? Chi? Soltanto io, «quella di allora, che più non sono
la stessa»


 

 



Grata Somaré, bergamasca, figlia e nipote di artisti (tra gli altri, il padre Guido Somaré, il nonno Giovanni Muzio, il bisnonno Cesare Tallone), ha viaggiato e scritto di popoli e paesi lontani e da qualche anno progetta e costruisce da sé “oggetti da indossare. Li ha chiamati: “stiti per giocoe sono unironia critica nei confronti della moda e una ricerca di fuga dalla realtà.