Ricordando chi ci ha lasciato

     

Tanti esponenti del mondo artistico e letterario se ne sono andati lasciando enormi vuoti, in questo disgraziato anno 2020 appena concluso. Qualcuno si è affrettato prima e qualcuno ha atteso il nuovo anno. Poiché davvero molti sono stati, il rischio grande è che vengano in breve dimenticati.
Desidero con questo articolo far rivivere, almeno nel breve tempo della lettura, i poeti italiani che conoscevo, alcuni di persona, altri per avere letto i loro versi e averne ricevuto insegnamento e memoria. Terrò aggiornato questo articolo nel tempo…
Qui trovate una nota biografica, una foto e versi di:
Michela Turra, Fabrizio Bianchi, Mario Benedetti, Gregorio Scalise, Alfredo de Palchi, Gabriele Galloni, Anna Elisa De Gregorio, Carlo Bordini, Franco Loi, Marco Ribani, Giulia Niccolai.

      

Michela Turra ci ha lasciato il 27 ottobre 2019 a 61 anni

Michela Turra, scrittrice e giornalista, è nata e ha vissuto a Bologna. Laureata in Scienze politiche, ha pubblicato sei romanzi: “Il mondo nel palazzo”, “Il gioco rubato”, “Giardino for ever” (per ragazzi) e “Gli inconcludenti”, “Gli effetti del ricordo”, “L’azzurro intorno”. Direttrice della rivista di poesia “Le Voci della luna”, del 2009 la sua raccolta di poesie “Domicilio conosciuto”, e testi poetici suoi sono presenti in antologie e riviste. Per il teatro ha scritto opere rappresentate in spazi bolognesi e a Roma, e ha pubblicato l’atto unico “Vino rosso sulla neve”. Ha lavorato per importanti quotidiani e periodici, si occupava di critica d’arte e operava nella scuola. Era sposata con Gregorio Scalise.

     

Pagine

la pazienza ha gli occhi della madre
ma anche le lacrime di Giuda
la pazienza sei tu
e il tuo indisponente esserci
anche quando il mondo non ha da darti
altro che il corpo e il respiro del sole

ed esisto nel tuo sguardo lungo
fatto di pagine
che ti hanno insegnato
ad accettare la morte
come la pioggia improvvisa
o il rumore dei passi in strada
nel movimento di una storia non nostra

*

    

Fabrizio Bianchi ci ha lasciato il 28 dicembre 2019 a 73 anni

Fabrizio Bianchi, ravennate, 1946, ha vissuto e lavorato a Milano come creativo pubblicitario ed imprenditore. È stato assistente di critica d’arte all’Università Statale di Milano, e ha lavorato per un mensile culturale (di cui è stato segretario di redazione), come incaricato per le recensioni d’arte di una testata specialistica della Montedison e responsabile della pagina settimanale dedicata al mondo giovanile di un quotidiano nazionale. Ha vinto il premio giornalistico Viareggio e numerosi premi letterari. Ha scritto in coppia con Daniela Monreale il libro Corpo a Corpo, edito da LietoColle, e ha fatto parte della redazione della rivista bolognese Le Voci della Luna, di cui è stato per quindici anni direttore responsabile e direttore editoriale per le omonime edizioni di poesia, poi Dot.com Press.

    

MISTER ZHOU

[SUSHI & SASHIMI]

Dopo l’OutOff

[e un freddo, distaccato, sbrigativo De Angelis] colmiamo l’insoddisfazione sui Navigli
[io e una Yoko dalla devota leggerezza
-davvero quasi insostenibile-
come le sue fragili e continue risatine
insondabili orientali, teneri moti d’imbarazzo] ed eccomi [io che ho sempre odiato
il pesce e il crudo] alle prese con [sublimi] bocconcini
crudi e bianchissimi di squisiti pesci impronunciabili
[ed urti di reale disgusto] involtini di delicate [viscide] carni trasparenti
e -per fortuna- un /semplice tempura vegetale.
/saporito

Poeti esangui
tutti concentrati in privati [noiosi] malesseri
[in genere insegnanti: lettere o filosofia] minime, /insipide esistenze che cercano riscatto nello scrivere
/malcotte

sublimando in preziosissime raffinate forme
/piccole ansie prese per universali angosce
/intime

incapaci di vivere davvero la vita
di amarne i reali odori & sapori
e il denso sangue nero che la irrora
E sporchiamola, dunque questa poesia
con tutte le scorie e la merda del reale
ingoiando, fino in fondo lo sperma di un mondo che ti stupra,
ti violenta, ti tortura a morte, oggetto senza dignità
corpo stracciato sotto il sudario del foglio
lenzuolo bianco che deve testimoniarne lo strazio
[vera sindone laica E sacra]:
come nel polittico di Vespignani
gli stracci sporchi, gli occhiali schiacciati
la camicia incrostata di sangue e di fango
la tavoletta di legno insanguinata [con capelli] raccapriccianti reperti
[sulle tele, di una scandalosa bellezza] dell’omicidio Pasolini.

*

    

Mario Benedetti ci ha lasciato il 27 marzo 2020 a 64 anni

Mario Benedetti (Udine, 9 novembre 1955). Si è laureato in “Lettere” con una tesi sull’opera complessiva di Carlo Michelstaedter all’Università di Padova, poi si è diplomato in “Estetica” presso la Scuola di Perfezionamento della stessa Facoltà universitaria. Nel 1994 si è trasferito a Milano. E’ stato tra gli animatori della rivista di poesia «Scarto minimo» (1986-1989). Le sue opere poetiche sono “Secoli della primavera”, (Sesante, 1992), “Una terra che non sembra vera” (Campanotto, 1997), “Il parco di Triglav”, (Stampa, 1999), “Borgo con locanda” (Circolo culturale di Meduno, 2000), “Umana gloria” (Mondadori, 2004), “Pitture nere su carta” (Mondadori, 2008), “Tersa morte”, (Mondadori, 2013). Nel 2010 ha pubblicato la raccolta di prose poetiche “Materiali di un’identità” (Transeuropa, 2010). Nel 2017 Garzanti ha pubblicato “Tutte le poesie” di Mario Benedetti. Il volume è a cura di Stefano Dal Bianco, Antonio Riccardi e Gian Mario Villalta.

     

È stato un grande sogno vivere
e vero sempre, doloroso e di gioia.
Sono venuti per il nostro riso,
per il pianto contro il tavolo e contro il lavoro nel campo.
Sono venuti per guardarci, ecco la meraviglia:
quello è un uomo, quelli sono tutti degli uomini.
Era l’ago per le sporte di paglia l’occhio limpido,
il ginocchio che premeva sull’erba
nella stampa con il bambino disegnato chiaro in un bel giorno,
il babbo morto, liscio e chiaro
come una piastrella pulita, come la mela nella guantiera.
Era arrivato un povero dalle sponde dei boschi e dietro del cielo
con le storie dei poveri che venivano sulle panche,
e io lo guardavo come potrebbero essere questi palazzi
con addosso i muri strappati delle case che non ci sono.

da Mario Benedetti, Umana gloria (Mondadori, Milano 2004)

*

    

Gregorio Scalise ci ha lasciato il 11 maggio 2020 a 81 anni

Gregorio Scalise è nato a Catanzaro nel 1939, ha vissuto a Bologna, dove è scomparso nel 2020 dopo una lunga malattia. Ha pubblicato, di poesia: “A capo” (Geiger, 1968), “L’erba al suo erbario” (Geiger, 1969), “Sette poesie” (In folio, 1974), “Poemetti” (in Quaderni della Fenice N° 26 1977, Guanda), “La resistenza dell’aria” (Mondadori, 1982), “Gli artisti” (Lunario nuovo, 1986), “Danny Rose” (Amadeus, 1989), “Poesie dagli anni ’90” (Orizzonti meridionali, 1997), “La perfezione delle formule” (Stampa, 1999), “Controcanti” (Quaderni del circolo degli artisti, 2001), “Nell’ombra nel vento” (Art, 2005), “Opera-opera poesie scelte” 1968-2007 (Luca Sossella, 2007), “Le parole non sono mai esatte” (disegni di Massimo Dagnino, Edizioni L’Arca Felice, 2014), “Nuovi segni” (disegni di Massimo Dagnino, Algra, 2017); e vari di saggistica e teatro. Si è occupato anche di poesia visiva e di critica d’arte. Era sposato con Michela Turra.

     

Leggendo Wallace Stevens

1.

Ma nell’Europa centrale
le pannocchie dei campi
hanno la forma fluida
delle onde del sonno
per contrastare i galli e i gerani
che cantano nelle ore piú tremende
e poi
si può guardare la luce
con il necessario per attendere
l’alba,
mettere i pensieri sul letto
come minute di poesia
farsi rimordere la coscienza
per il male compiuto
e forse non è neppure ben descritto
questo angolo affascinante
del novecento.

da Gregorio Scalise, Opera-opera – Poesie scelte 1968-2007 (Luca Sossella Editore, 2007)

*

     

Alfredo de Palchi ci ha lasciato il 6 agosto 2020 a 93 anni

Alfredo de Palchi è nato a Verona il 13 Dicembre 1926, è cresciuto a Legnago, in provincia di Verona. Venne incarcerato con l’accusa di omicidio dalla primavera del 1945 fino alla primavera del 1951 quando fu dimostrata la sua innocenza; questo lo indusse a lasciare l’Italia. Dal 1951 al 1956 visse a Parigi e in Spagna.
Nel 1952 sposò Sonia Raiziss e con lei, dal 1960 in poi, diresse la rivista Chelsea. Il 12 ottobre 1956 arrivò a New York City. Dopo la morte della moglie divenne fiduciario della Fondazione Sonia Raiziss Giop Charitable e giurato nel Raiziss / de Palchi Translation Awards. Ha vissuto a Union Square, New York City con la seconda moglie Rita e la figlia Luce.
È stato l’editore delle edizioni Chelsea senza scopo di lucro. Una serie di conferenze è stata intitolata a lui presso l’Università di Hartford. Numerose le pubblicazioni in italiano e bilingue. L’ultima: “Nihil (2008-2013)”, Stampa 2009, Azzate (VA) 2016.

     

Ottobre di pomeriggio freddo di pioggia 
di foglie che spiccano voli 
da raffiche di vento sotto alberi 
che passano accanto tra panche deserte . . .
in simili giorni abito il parco di Union Square dove

la folla indegna del bel tempo
mangia beve vomita e abbandona all’erba e piante 
cartocci plastica giornali sputi 
da disgustare i piccioni . . . e canestri vuoti di rifiuti

a nord sul piedestallo Lincoln 
è il turista slavato che porge 
grani a uccelli invisibili––
lo ringrazio con un cenno di mano

a sud Washington a cavallo rifiuta l’entrata 
alla marmaglia nello sguazzo 
strappando le ombrelle––
lo ringrazio con un cenno di mano

a est il desolato Lafayette mano destra al cuore
con la sinistra indica al suolo la saving bank
di fronte in greek revival fallita––
lo ringrazio con un cenno di mano

a ovest Miriam con Jesus in braccio gorgoglia 
dallo spicchio d’acqua 
“preparati per la scalata”… 
io che capisco se mi interessa di capire mormoro 
“su per il tuo fianco a voragine 
per annunciare il mio discorso dalla montagna”.
Il lavoro nobilita la belva alla vita 
trascorsa a grattare il salario della paura 
in una giungla di lapidi

si legge, qui giace dio il mediocre costruttore 
e qui Cleopatra con una serpe in mano––giglio
offerto a Marcantonio

più in là giace un raccolto di ossi 
attribuito al farabutto amico François
accanto a quello di Francesco impazzito di cristo 
e della sua Chiara che per boschi giunge a Todi 
da Jacopone, il più folle

e laggiù sotto quel rettangolo di letame 
l’altro mio amico Arthur 
giace con un abbraccio di zanne invendute

amata amica figlia madre sorella 
prontamente perfetta per il mio arrivo
allatta al tuo ombelico il mio spartito di terra.

Da Alfredo de Palchi, Nihil (2008-2013) (Stampa 2009, Azzate (VA) 2016)

https://www.versanteripido.it/category/de-palchi-alfredo/

*

     

Gabriele Galloni ci ha lasciato il 6 settembre 2020 a 25 anni

Gabriele Galloni era nato a Roma nel 1995. Le sue pubblicazioni sono state: le raccolte poetiche “Slittamenti” (Augh!, 2017), “In che luce cadranno” (RP, 2018), “Creatura breve” (Ensemble, 2018), “L’estate del mondo” (Marco Saya, 2019), la raccolta di racconti “Sonno giapponese” (Italic Pequod, 2019). Era co-direttore di «Inverso – Giornale di poesia» e autore e ideatore, per la rivista «Pangea», della rubrica “Cronache dalla Fine: dodici conversazioni con altrettanti malati terminali.”

     

È la notte di san Lorenzo. Prima
che cadano le stelle scavalchiamo
il muretto del centro sportivo.
L’acqua della piscina è ancora mossa;
imita nei suoi guizzi le vicine
luci del campo da calcio; riflette
i nostri visi oltre il bordo, curiosi
del fondale laccato.

“Guarda”, mi dici alzando la tua Tennent’s
verso la Luna, “è come se a momenti
tutti i passati a noi qui ritornassero;
l’acqua si muove, si sta preparando
a ridarceli tutti”. Getti via
la bottiglia ormai vuota. Ci sediamo.
Ignoravamo che una volta nudi
saremmo nudi rimasti per sempre.

C’è qualcuno vicino a noi, ma l’ombra
lo nasconde. Sappiamo a cosa i corpi
servono gli uni agli altri, ché vent’anni
sono bastati a questo.
Abbiamo smesso di parlare; adesso
ascoltiamo soltanto.

Le presenze
non ci temono più; così continuano
i loro giochi a bassa voce, quasi
chiedessero a noi di imitarle.

da Gabriele Galloni, L’estate del mondo (Marco Saya Edizioni, 2019)

*

      

Anna Elisa De Gregorio ci ha lasciato il 24 settembre 2020 a 78 anni

Anna Elisa De Gregorio nata a Siena da genitori campani. Scomparsa ad Ancona nel 2020, dove ha vissuto sin dal 1959. Ha pubblicato nel 2010 il suo primo libro di poesie “Le Rondini di Manet” per i tipi di Polistampa di Firenze, prefazione di Alessandro Fo (Premio Pisa 2010 opera prima; Premio Contini Bonacossi 2011 opera prima). Nel 2012, grazie al concorso Inedito Colline di Torino, ha pubblicato il suo secondo libro “Dopo tanto esilio” per i tipi di Raffaelli Editore di Rimini, prefazione di Davide Rondoni.
Nel 2013 ha pubblicato, grazie al DARS di Udine, una plaquette di poesie dal titolo “Corde de tempo” in dialetto anconetano. Nel 2016 per l’editore La Vita Felice di Milano pubblica il volume “Un punto di Biacca” con una nota di Francesco Scarabicchi. Nel 2019 con Seri Editore ha pubblicato “L’ombra e il davanzale” e nel 2020 con Cofine Edizioni “Na giungla de cartó (Una giungla di cartone)”. È presente in numerose antologie, ha pubblicato articoli su riviste letterarie e blog. Ha organizzato stage presso scuole e circoli culturali sulla poesia haiku. Nel 2008 ha vinto il Premio Nazionale Haiku organizzato dall’Associazione Italiana Amici del haiku, patrocinato dall’Ambasciata giapponese e dall’Istituto giapponese di cultura a Roma.

     

Deposito

De note pò sucède
de fa sosta a la stazió di fantasmi,
ndó mboscati ce speta,
de fianco a n’edicula chiusa.

Nun zà manco loro
che facia ha da scéje, che panni méte.
Se ntravede ntel zogno na siépe,
dó vagoni vòti, n cà che baia.

Ncumincia a stremulì a la prima mossa
de l’alba e nun ce lascia sti gran pesi:
già se disfa sleniti,
pogo più che figuranti.

DepositoSolo di notte / esiste una stazione delle ombre / dove è loro consentito aspettarci / accanto a una edicola sedute. // Faticano a scegliersi una faccia, / o un vestito, mentre sullo sfondo / sfilano siepi di bosso, vagoni/ disarmati, un cane vero che abbaia. // Già tremanti all’intenzione dell’alba, / non ci lasciano gran pesi, / sono così consunte, /poco più che figuranti.

da Anna Elisa de Gregorio, Na giungla de cartó (Una giungla di cartone) (Cofine, 2020)

https://www.versanteripido.it/category/de-gregorio-anna-elisa/

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Carlo Bordini ci ha lasciato il 10 novembre 2020 a 82 anni

Carlo Bordini è nato a Roma nel 1938, dove viveva. Dopo una lunga militanza nel movimento trotskista, è stato ricercatore di storia moderna presso l’Università di Roma “La Sapienza”, dove si è specializzato nella storia della famiglia e dell’amore.
Ha pubblicato i seguenti volumi di poesie: ”Strana categoria” (ciclostilato in proprio), 1975; “Poesie leggere”, Barbablu, 1981;“Strategia”, Savelli, 1981; “Pericolo”, Aelia Laelia, 1984; “Mangiare”, Empirìa, 1995; “Polvere”, Empirìa, 1999; “Pericolo”, Manni, 2004; “Sasso”, Scheiwiller, 2008.
Nel 2010 l’editore Luca Sossella ha raccolto in un volume tutte le sue poesie: “I costruttori di vulcani – Tutte le poesie 1975-2010”.
Numerose anche le pubblicazioni come narratore, le curatele e le traduzioni.

     

Sogno di Elena

Sognavo d’essere morta, eppure camminavo
per la stanza, per la casa
chiedendomi chissà, se la mia decom-
posizione era già cominciata
e se gli altri se ne sarebbero accorti.
Poi
    cominciai a preoccuparmi per l’odore,
se si sentiva o no; e temevo, poi,
che avrei attaccato a qualcuno la
mia morte.

da Carlo Bordini, I costruttori di vulcani – Tutte le poesie 1975-2010 (Luca Sossella editore, 2010)

*

     

Franco Loi ci ha lasciato il 4 gennaio 2021 a 90 anni

Franco Loi è nato a Genova il 21 gennaio 1930 da padre sardo e da madre emiliana. Seguendo il padre ferroviere si trasferisce nel 1937 a Milano dove frequenta gli studi diplomandosi in ragioneria. Successivamente lavorerà come contabile, per diventare nel 1955 incaricato presso l’Ufficio pubblicità della Rinascente per le relazioni pubbliche e nel 1962 lavorerà all’Ufficio Stampa della casa editrice Arnoldo Mondadori Editore.
Dopo essere stato attivo militante comunista, ha aderito al movimento della nuova sinistra, ma dagli anni settanta ha lasciato sostanzialmente l’attività politica, assumendo posizioni molto personali, con forte accentuazione di una religiosità anarchico-libertaria. La sua prima produzione poetica nacque tutta in una breve stagione, tra il settembre 1965 e l’estate 1974 quasi “sotto dettatura”, così il poeta rievocava quegli anni fondamentali: “scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno”.
Esordisce solo nel 1973 come poeta in dialetto e ha subito un buon successo con l’opera “I cart” edita dall’Edizione Trentadue di Milano e l’anno dopo, 1974, con “Poesie d’amore” edite da Il Ponte. Nel 1975 il poeta dimostra di aver raggiunto la completa maturità di espressione con il poema “Stròlegh”, pubblicato da Einaudi con prefazione di Franco Fortini.
“L’aria de la memoria”, edita da Einaudi, raccoglie tutte le poesie scritte tra il 1973 e il 2002, tra le quali alcune già edite nella raccolta I cart e Poesie d’Amore.
Molte altre sono le sue opere, tutte scritte in dialetto milanese.
Oltre alle raccolte di poesia Loi ha anche scritto, nel 2001, un libro di racconti ed ha pubblicato diversi saggi.
Loi è stato vincitore del Premio Bonfiglio per la raccolta Stròlegh, del premio Nonino per Liber e ha ricevuto il Premio Librex Montale e il Premio Brancati 2008 (sezione poesia) con il libro Voci d’osteria. È stato insignito dalla Provincia di Milano della medaglia d’oro e ha inoltre ricevuto dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro e il “Sigillo Longobardo della Regione Lombardia”. Ha contribuito a numerose riviste e ha lavorato per Il Sole 24 ore.

     

Sí, amis, sèm presuné. Sèm fjö de rana,
s’ingàrbium dent la pèll di nost paür:
gh’èm pü dulur, în mort i amur, e svana
la vita nostra cume i ciâm nel scür.
E quand ne vègnum föra, sèm pü nient,
sèm l’aria che la passa e che se scorda,
‘me ‘n vècc che dré se porta i sentiment,
‘m ‘j òmm che van tra j òmm senza memoria..
E vèmm… Ma in due vèmm? Cusa respira
dré de quèl’aria che gh’èm paüra a véd?
Fèmm ‘me la bissa, ffs’cium, e i nòster pass
slísen dré i mort, e pàssen ‘me la vita;
pien de silensi, stracch, pien de viltâ.

Sì amici, siamo prigionieri, siamo figli di rana, / c’ingarbugliamo nella pelle delle nostre paure: / non abbiamo più dolori, sono morti gli amori, e svanisce / la vita nostra come i richiami nell’oscurità. / E quando ne veniamo fuori, non siamo più niente, / siamo l’aria che passa e si dimentica, / come un vecchio che dietro si porta i sentimenti, / come gli uomini che vanno tra gli uomini senza memoria .. / E andiamo .. Ma dove andiamo? Cosa respira / dietro quell’aria che abbiamo paura di guardare? / Facciamo come la biscia, fischiamo, i nostri passi / scivolano dietro i morti, e trascorrono come la vita, / pieni di silenzio, stracchi, pieni di viltà.

da Franco Loi, Memoria (Boetti & C. Editori, Mondovi 1991)

https://www.versanteripido.it/category/loi-franco/

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Marco Ribani ci ha lasciato il 31 gennaio 2021 a 78 anni

Marco Ribani è nato a Bologna nel 1943. Operaio, sindacalista, oste, operatore culturale e poi poeta. Ha frequentato la Libra Università dell’Autobiografia di Anghiari diretta da Duccio Demetrio e come docente ha poi condotto diversi laboratori di scrittura autobiografica. Ha iniziato a scrivere poesia a 50 anni, frequentando un corso della Università Popolare Primo Levi. Ha vinto il premio Navile nel 1996 e Il premio Spina nel 1998. Ha creato e diretto la Piccola Editrice La volpe e L’uva, pubblicando, tra gli altri, le raccolte di Andrea Trombini, Elio Talon, Loredana Magazzeni, Alessandra Berardi, Donatella Ariotti e Paola Tosi. Sempre con la stessa editrice ha pubblicato due raccolte di poesie. E’ stato per molti anni organizzatore dei Lunedi del Montesino, serate di letture poetiche tenute presso la propria omonima osteria. Attualmente viveva in Francia, ospite della scrittrice e medium Patricia Darrè, che lo ha scelto come poeta residente e lo ha iniziato alla conoscenza di altre dimensioni, influenzando fortemente il suo pensiero e la sua poesia.

     

Mia madre nascose al suo interno la mia immagine
e non la partorì. Partorì la carne, ma si tenne il mistero.
In vita mi trattò sovente come uno sconosciuto.
Spesso vedendomi mi cacciava tra le mani una moneta.
Mi chiamava Luciano.
Oppure con fervore improvviso mi prendeva le mani
“Vuoi conoscere Luciano?” No mamma, non m’importa
Va bene così.
Chi crede che io sia mi domandavo. A volte all’improvviso
cercava di baciarmi sulla bocca. E io spingendola via
Mi domandavo chi ero. Cosa vedeva quando mi guardava
Così a lungo che sentivo il calore dei suoi occhi sul mio culo.
Così fu il dubbio che prese il sopravvento.
Chi ero io se persino mia madre non mi riconosceva.
Non c’è peggior condanna per un impostore
di quella di dimenticare di chi si è preso il posto.
Così in questa vita che pure è stata mia
ho recitato ruoli sempre secondari perché
il protagonista sconosciuto era sempre altrove.
Adesso sono stanco ma non oso morire
Un poco per paura di come sarò da morto
ancora un impostore e quindi vivo? Oppure
sarà lui a prendere il mio posto beffandomi
perché non lo vedrò mai?

da Marco Ribani, Voci dal canto generale (Kammer, 2016)

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Giulia Niccolai ci ha lasciato il 22 giugno 2021 a 86 anni

Giulia Niccolai (Milano, 21 dicembre 1934 – Milano, 22 giugno 2021): monaca buddhista, è stata scrittrice, poetessa e fotografa e una delle fondatrici del Ghe Pel Ling, l’Istituto di Studi di Buddhismo Tibetano di Milano. Ha frequentato giovanissima gli intellettuali del Bar Jamaica di Milano e ha fatto parte del Gruppo 63. Nel 1966 pubblica da Feltrinelli il suo primo romanzo, “Il grande angolo” con prefazione di Giorgio Manganelli, cui segue una lunga e vasta produzione letteraria. Tra i diversi riconoscimenti nella sua carriera artistica, è stata insignita del titolo di Grande Ufficiale da parte del Presidente della Repubblica nel 2006.

 

Su una Freccia Milano-Roma
un quarantenne in maglietta
con un solo tatuaggio
al braccio sinistro:
SPQR.
Lo stesso identico carattere
che Roma antica incideva
sulle pietre.
Uomo-statua come “classica”
e fumettistica conseguenza
dell’Uomo-ragno, per es.?

 

Scende a Firenze.
Questa, poi…

 

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