Osservatorio poetico di Sonia Caporossi | Davide Galipò
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Spazi, icone, iperboli
– danze precario-equilibriste –
s’alternano a rime ribalto-astrattiste
ma nei nostri racconti siamo stati
– almeno, nei conclamati sogni –
nomadi circensi, naufraghi dispersi, caraibici pirati:
altri libertini, nei licenziosi affanni di alte aspirazioni
gotico/romano/ellenico/barbariche, finché poi
ci siamo lasciati invadere (le orecchie e il culo),
avendo assistito il quotidiano sfacelo,
pesci in pasto al dio dell’aggregazione;
adesso, intervento a cielo aperto, temibile
opinione reclama a gran voce la vostra attenzione:
vuole strapparvi il cuore, spargerlo in tondo,
calpestarlo sotto le suole; richiamo artificiale,
vuole te, la tua fede, l’amore tuo e dei figli tuoi:
poco ha a che vedere con la nostra dignità di avvoltoi.
Cosa rimane? L’ennesimo bicchiere, illusione del reale,
sguardo animale per quanti ancora credono alla natura
(vegetale per quanti credono all’ambiente)
ché non c’è niente come la cultura
della minestrina pronta, rassicurante,
sopraffatta dalla candida emozione,
che ti fa volare alto per poi sbatterti di sotto,
immantinente.
Il sole si è rotto e un pallido riverbero
assurge al suo posto, ma noi non lo vogliamo,
no, noi non desideriamo tutto:
la penna è statica, il quaderno è brutto e il ritmo
(tardivo azzeramento di memoria, a scoppio ritardato)
è scandito da tasti e minuscoli schermi;
le bacheche – bisettrici delle scorie dei padri e dei nonni
– vengono ingoiate da figli e nipoti,
nella quotidiana morte.
*
Riprendere Palermo
Sdraiati come cani intrappolati in stazione
all’ombra dei muretti non batte
il sole su teste giovani e vecchie.
Palermo sorride della stagione
– zingari, botteghe chiuse e feritoie –
vesciche aperte dalla regione
regione aperta dalla provincia
provincia aperta dal comune
comune aperto dallo zio del cognato del figlio:
buone famiglie festeggiano a quest’ora
– ridenti regali rughe –
quanti i complessi edipici irrisolti?
Difetto congenito di fabbricazione
e immeritato Oltre.
“Ma qui non tiene la maniglia…”
“L’unificazione arriverà con 150 anni di disagio!”
“U marcatu da Vucciria, fascino in rovina a metà prezzo!”
“Forza signori, forza!”
Tetro blasfemo teatro lirico in rivolta
datata e risibile nostalgia neorealista
arriva a cavalcioni al cospetto gran-turista
del villaggio-cartolina per onniscienti vacanzieri.
Cos’altro?
“Angolo-angolo-angolo… Nel retto!”
“Te lo dico, amico, hai chiuso!”
“Faccendieri australiani! GE-O-LO-GI GIAPPONESI!
Macché destino e destino, qui si fa la spola per la pila!
Vuliti carni, vuliti pisci? Sempri ‘cca dovete venire!”
È Ballarò mare d’incenso: mai vista una chiesa a cielo
[aperto
torniamo all’appagante per-di-zio-ne
(forse a Berlino)
pensieri affollati di morte e no
(sì sì, era Berlino)
sguardi nutriti di voglia e
attaccamento rigido alla terra, ma
accattoni a piene mani si schiaffeggiano sul porto,
come bestie.
Eccomi: sono il figlio vostro e mi prodigo ostinatamente
nel non volervi insegnare niente su come si stia al mondo
perché c’è tanto da imparare contemplando avidamente.
Palermo, mia vera città eterna, riprenderti è impossibile:
le tue storie si disperdono nel mito del dileggio, la fatica
del disarmo e sole a pieno cielo da star male
che s’assottiglia pezzo dopo pezzo dopo pezzo…
e solito – bellissimo – nudo scoglio all’orizzonte.
Un quotidiano riso si fa beffe di noi e seppellisce
le teste nei salotti, i corpi nel cemento.
Sia quel che sia, vada come vada
ciao – ma viva l’Africa.
*
Pleistocene
Aveva qualcosa in cui
sperare guardando di lato
– il primate sorride cantando
le gesta del cielo e del fuoco.
Nuvola dolce è il sereno
contadino che spacca la legna
incurante del rumore di fondo
del significante fuori sincrono.
La nuova carne è nel registratore
congela l’istante come certe fotografie
ed ecco le proteste dei vecchi paesaggisti
“il linguaggio è mio e lo gestisco io.”
Ma la parola non è mai conservazione:
di solito nasce per avere una chance
tra il machete ed il piombo;
non muore con te – ti sopravvive
la parola – che oscuro presagio –
può fare a meno del corpo:
basta trovare un altro organismo
ospitante. La parola è endemica.
Davide Galipò (Torino, 1991) si laurea a Bologna nel 2015 con una tesi sulla poesia dadaista nella neoavanguardia italiana. Nello stesso anno dà alle stampe ViCoL0 – Giornale in scatola inesistente, sua prima raccolta di poesie visive. Fonda il Gruppo d’Azione Poetica SALINIKA, con Charlie D. Nan e Nicolò Gugliuzza, nel quale milita fino al 2017. Nel 2016 è in finale al Premio Alberto Dubito con il progetto di spoken word music LeParole e nel 2017 alcuni suoi testi vengono pubblicati nel volume Rivoluziono con la testa (Agenzia X), a cura di Lello Voce e Marco Philopat. Nel 2018 un suo saggio su Patrizia Vicinelli viene incluso nell’annuario di «Argo», Confini. Nel 2019 suoi testi critici vengono inseriti nel catalogo della personale di Luc Fierens Punti di vista e di partenza (Fondazione Berardelli). Il suo ultimo progetto di spoken word music, Spellbinder, è arrivato in finale al Premio InediTO, Colline di Torino. Nel 2020 ha pubblicato Istruzioni alla rivolta (Eretica Edizioni), la sua prima raccolta di poesie lineari. Ha collaborato con «Poesia del nostro tempo», «Utsanga», «SPLIT», «Narrandom». Dirige «Neutopia – Rivista del Possibile».
La versificazione di Davide Galipò vibra su tensioni perduranti che fluiscono in un discorso ininterrotto, composto di scorci e svolte continue, attraverso un’attitudine a guardare il mondo in tutta la sua complessità significante, nell’intenzione patente di superare il puro e semplice descrittivismo normofasico. Infatti, se “il significante è fuori sincrono”, al poeta in quanto tale non rimane che gestire le parole nel flusso senza ritorno di un enciclopedismo vertiginoso, che mostra le cose man mano nel loro darsi, come in un campionario, indescritto perché specchiato nel suo riflesso, della realtà molteplice, in un plurilinguismo che trapassa dal dialetto alla scomposizione sillabica all’elencatio: una parola poetica che si fa virus endemico dei nostri stralunati giorni.
02/06/2021 alle 10:04
piaciuta soprattutto Riprendere Palermo, con quell’ambiguità nel titolo e sprazzi di scorci e un bellissimo frullato lessicale! Anche la nota di Sonia molto vibrante e ricca di “enciclopedismo vertiginoso”. Insomma giovani promesse!
03/06/2021 alle 12:52
Grazie infinite Sonia, dell’attenzione e della cura.