Osservatorio poetico di Sonia Caporossi | Claudia Olivero

 

RIFLESSIONI SU UN PASSANTE, DI PRIMA MATTINA

Certe volte gli sguardi si soffermano, altre paiono appannati, insensibili alla vista. E poi c’è la collina, con la sua aureola di luce: che tutto definisce, tutto scolpisce, diversamente: dona vita e la elude, nasce e muore, contemporaneamente, come questa mattina:

*

A ogni singolo passo dall’alba
chiarisce il sole
i confini netti delle cose:
quel bisogno primo di essere
definizione: sagoma buia
irraggiante luce, senza ruvidezza
al tatto – come ombra
senza il proprio corpo,
inamidata negli sguardi altrui
che percepiscono
senza vedere e si logorano
nel non capire
dov’è quel noi che si incrocia
alla fretta del mattino –

all’onda di un cielo
che il giorno sta
per infrangere.

Irrimediabilmente

*

ULTIMA ORA D’ARIA

Negli occhi filtra una sequenza a scatti di ricordi, tra le imposte:
sbrecciano pareti chiuse, intonaco su gesso e facciate gialle.
Lame. Scricchiolii. Soggetti.
Guardo i viali larghi, i capelli scoloriti
delle palme nel caldo
e riconosco il mio viso, finalmente:
sul vetro antico d’acqua verde, acquistato in un mercatino:
talmente carico di lentiggini e smerigliature
da non lasciar più articolare con certezza i lineamenti
le leggerezze bruciate sopra un divano
il naso: stortato da una pallonata.
Quando mi gira un’assenza, non è mai veloce:
nella linea d’aria di pochi metri quadrati
ritrova la testa quello che serve: una via, un balcone, la fermata della metro.
Ogni ricordo, le imposte.
Lame: come ruota che gira ogni volta.
Lacerta, inservibile, che fu e non fu più.

Oggi ho assistito al mio parto
sono madre di me stessa, quinta pagina, rigo dieci.
Sembra un calcolo elementare, ma sentirsi nascere è atroce
gira tutto al rovescio quando si vede il mondo la prima volta.

E così sapendo tutto
ho cavalcato veloce
fino alla fine
dell’aria.

*

CAVORETTO, INTERNO CIMITERO

Sentirsi addosso il passo
greve dell’edera
e non provare più la pietà
nel sapere i vostri morti bambini.

Poi solcare il silenzio, il frusciare
nero del corvo – versare un ultimo sguardo
al freddo, rifugiarsi ai bordi
di altre storie, pensare la poesia –
l’eternità. Decidere
di non restituirsi al mondo.

 

Claudia Olivero, torinese, in ambito poetico ha pubblicato Per baciarti a occhi chiusi non servono gli occhiali, Bré e Ma tu, tu sei la pianta, Rplibri, opera per parole e immagini, in collaborazione con l’artista Lodovica Paschetta. Sue poesie sono apparse su riviste e blog online,vengono lette durante inaugurazioni di eventi e mostre artistiche. Partecipa a reading poetici ed è co-fondatrice del Tinello poetico, collettivo per la divulgazione della poesia.

La poesia di Claudia Olivero sviluppa una grande forza evocativa, sapientemente ottenuta attraverso una peculiare cura del ritmo e delle spezzature sintattiche. In particolare, nei primi due testi l’attitudine analogica si dipana attraverso una successione di figurazioni peregrine e fugaci, abbarbicate all’indeterminazione abbagliante delle parole vaghe (“cose”, “definizione”, “ricordi”, “assenza”) e dell’alternanza di periodare verbale e stile nominale; mentre nel terzo testo l’immaginificità si raddensa nell’uso accorto dei verbi all’infinito, colti nel fluire postmontaliano del verso, in istanti e istantanee fotografiche che lasciano trasparire la quieta potenza della parola sospesa in quel “decidere” isolato nel penultimo verso e nella chiusa potente.