Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Antonio Semproni

 

*

Hanno messo la nave in bottiglia
e montato la casa in mare.
Ora tra i rottami cercano
un messaggio,
tra le onde il senso
in cui tutto sta andando
alla deriva.

*

Dicono che l’acqua che si consuma
torna in circolo
per questo lascio aperti i rubinetti
e ho innestato sulla mia pelle
tutte queste cannule
che sfociano a mare
promettono la resurrezione.

*

La fluidità può trovare un ostacolo
proprio là dove inizia riflettono
additando la spiaggia, la cui resistenza
sta nell’essere spugna, nell’assorbimento
delle maree.
Allora costruiscono fino al bagnasciuga:
colate di cemento come
un tappeto rosso
per l’inondazione.

 

Antonio Semproni (Tivoli, 1988) vive tra Tivoli e Roma. Ha pubblicato una raccolta di poesie in rima: Rime in prima copia, Controluna edizioni, 2020 (attestato di merito al Premio Lorenzo Montano 2022). Sue poesie sono apparse su vari blog (La rosa in più, Niedern Gasse, Mosse di Seppia, Collettivo Culturale TuttoMondo, La Seppia, Poesia Ultracontemporanea) e un suo racconto breve è apparso sul blog Gorilla Sapiens Finzioni. Il suo ultimo libro di poesie è Mercati & mercati (Transeuropa edizioni, 2022).

 

Se gli oggetti del poetico sono elementi dalla cui raggiera di emanazione partono frecce di significazione sciolta da qualsiasi vincolo di sudditanza a un’univocità, ecco che, in queste poesie di Antonio Semproni tratte dalla raccolta inedita Apnea, il mare funge, contemporaneamente, da correlativo oggettivo e da allegoria della violenza del neocapitalismo e del neoliberismo imperante, che tutto affonda e in cui, disperatamente, le formiche del Capitale cercano di restare a galla durante le tempeste determinate dalla teoria delle onde Elliott, tramite le quali l’omonimo economista già negli anni Trenta indicava, in maniera decisamente fibonaccesca, l’andamento oscillante degli asset di mercato. Quella della metafora economica è la proposta interpretativa offerta dallo stesso autore, nella lettera allegata ai testi inviati in redazione: ma dall’argomento, a lui molto caro, della spersonalizzazione e dell’abbrutimento della società contemporanea soggiogata dai meccanismi finanziari e dalle logiche di un’economia disumana, si può passare facilmente a individuare una metafora conclusa e determinata dell’insensatezza dell’esistenza del singolo. Se è vero che, nel mare come nel mondo dominato dallo sporco Dio Denaro, il pesce grande divora il pesce piccolo, ecco che il paragone si chiude in un circolo ermeneutico fondato. La poesia, in questi testi del poeta tiburtino, non può non esprimere, con il suo portato analogico di interrogazione e la sua capacità di descrivere un vivo senso di minaccia, la fine dell’umano ormai deviato e conglobato dalla sordida nomenclatura del codice a barre.