Radicata
di Sally Read
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trad. di Loredana Magazzeni e Andrea Sirotti
in: La tesa fune rossa dell’amore | Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese | A cura di Magazzeni L., Mormile F., Poster B., Robustelli A.M., La Vita Felice, 2015
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Strilli così forte che i miei piedi battono in parata le scale
e tu trabocchi di dolore rosso e umido, occhi
serrati e ustionati di pena. Accomodo il tuo viso al mio
(ti butti come un marinaio che tocca terra),
e inspiro tutto: l’odore dei cani che corrono
nella palude, l’odore di biscotto secco della casa,
un certo afrore pericoloso come di cortocircuito
elettrico – e il tuo consueto odore sprigionato
dal dolore, nel modo in cui un giardino di erba e rose
rilascia profumo dopo uno scroscio di pioggia.
Potrei mangiarti e mi viene l’acquolina, copiosa,
e il latte s’ingorga ai capezzoli, così vedo
me stessa fiorire avanti veloce, Dafne
che germoglia rami, foglie dalle indomabili
braccia e dai capelli, mentre scava tunnel di radici nella sua foresta,
(che contiene formiche, vermi, fecondi
germogli isolati), innalza tralicci, e si culla.
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You howl, so loud my feet tattoo the stairs,
and you’re a-brim with wet, red sorrow, eyes
seared shut with hurt. I fit your face to mine
(you heave down as a sailor does on terra firma),
and breathe it in: the scent of dogs careering
through marshland, dried biscuity by hearth,
and some dangerous tang like short-circuited
electrics – you usual smell broken open
by distress, the way a garden’s grass and rose
smells release after a battering of rain.
I could eat you and I do salivate, richly,
and milk bunches at my nipples, so I see
myself as blooming in fast forward – Daphne
sprouting, branches, leaves from wayward
arms and hair, as the tunnels, roots into her forest,
contains the ants, the worms, independent
fecund shoots, stands lattice-fast, and rocks.
*
Il richiamo neonato è un dolore rosso bruciante, è l’umido grido della creatura affamata che si tuffa come un marinaio sulla terra madre, guancia a guancia trova il Tu per antonomasia e si placa, riconoscendo l’altra come base per essere se stessa. Odore di cane e biscotto, profumo che il stimola il seno a germoglia attivamente, al farsi latte, al sacrificio del corpo dato in pasto. Se la figlia attiva l’acquolina della genitrice, se il desiderio si esprime nell’idea dell’amore cannibale, un desiderio che divorerebbe con gusto quel che nutre, la presenza del dolore-odore offre all’istinto materno il giusto verso animale. La stessa figlia che si vorrebbe mangiucchiare è l’oggetto del far di Sé il cibo migliore, soggetto al quale il latte che fiorisce è destinato, scoppio vitale di una primavera fisica e psichica, è la spinta di Dafne, figlia di Gea, rigoglioso e radicato alloro. Tra generante e generata si attiva il cortocircuito vitale, la rigenerazione verde che unisce la carne alla carne, ed è reciproco radicarsi nella relazione terrena, materia erotica – Eros è dio che collega – matrilineare.
Per germogliare ancora un desiderio, una nuova brama nell’ingorgo passione, il richiamo al radicamento richiede il dialogo dolore-odore nel giardino materno capace di rivelarsi foresta. La creatura disperata griderà la sua domanda afferrando l’approdo capezzolo, il corpo della genitrice risponderà, se sufficientemente porto e buona casa.
Alcuni ricercatori dell’Università di Trento, attraverso una serie di studi condotti con l’ausilio della risonanza magnetica, osservando l’attività cerebrale di un gruppo di donne provenienti da diversi paesi del mondo, hanno rilevato che il pianto del proprio bambino attiva nella madre aree cerebrali molto specifiche. In particolare, si è definito significativo il ruolo dell’area motoria supplementare, associata all’intenzione di muoversi e di parlare; le regioni frontali inferiori (area di Broca), che sono coinvolte nel linguaggio, e le regioni temporali superiori, che sono collegate alla possibilità di elaborare al meglio i suoni (come, appunto, il pianto) sono state protagoniste di questa ricerca.
Il latte è notoriamente stimolato dalla produzione di ossitocina, ormone che dà il via a una produzione ancora più intensa nel momento in cui i bambini chiedono cibo e ancora di più quando i corpi si avvicinano, nell’abbraccio. Sono convinta che l’allattamento debba essere una scelta dettata dalla possibilità effettiva di impegnarsi quotidianamente in un vero e proprio percorso, che può benissimo essere vissuto in maniera diversa, con il supporto di altri grazie al latte in polvere, qualora una donna proprio non riuscisse o non volesse entrare in una dinamica che è spesso e volentieri stancante, esasperante. Non tutto rose e fiori. L’importante è accogliere il dolore-odore nella vicinanza desiderante.
Naturalmente, non sempre esiste nella realtà dei fatti il fiorire nutriente che la poesia ci offre, perché innumerevoli sono gli esempi umani di non corrispondenza fisica e affettiva. Non è scontato sentirsi “radicate”, ma se questa connessione avviene, le radici si intrecciano tra voce di madre e verso di creatura.
Di madri ombra ho parlato sin troppo.
Di madri divoranti non per il piacere di gustare il piccolo umano che profuma, appetitoso, ma per distruggere simbolicamente il contenuto del ventre psichico, che sia il proprio o quello di altre donne, con l’odio verbalizzato e reiterato verso il concetto stesso di madre, nella fissazione irrigidita sulla propria narcisistica dolorosa esperienza, ho già scritto.
Sul tema nerezza e venefica matrilinearità ho riflettuto così tante volte, e ancora continuo a mettere in gioco relazioni di cura, che oggi, in questo dicembre, natalizio al finire, mi piace porre lo sguardo anche sulla madre sufficientemente buona, un terreno fecondo da offrirsi alla vita come una tazza di latte.
“L’idea che la “madre sufficientemente buona” di winnicottiana memoria sia una meta costellata di erranti errori agiti quotidianamente da migliaia di volonterose eroine dello smettere di fumare in gravidanza, della tetta somministrata a piacere, del pannolino ecologico. E così via, tentativo fallito dopo tentativo abbozzato, dalla fecondazione alla tarda adolescenza della prole (e oltre). Insieme alla psicoanalisi, il femminismo come filosofia e pratica ha scosso la società occidentale, richiamando dal buio un femminile plurale: madri e non madri, tutte le donne possono viversi creature generative. […]” scrivevo in Maternità marina, Terra d’ulivi edizioni.
Il radicarsi non è dato né scontato. È richiamo all’ascolto, accolto. Qualunque sia la fonte del desiderio, la maternità legame, il “lussureggiante germogliare” metamorfico pur implicando tra le righe il blocco irreversibile, il legame obbligo che “mette alle sbarre” è radicamento della Puella, è freno all’impossibile, è persino visione del verme nella terra, del primigenio essere vita.
Il qui e ora del richiamo, la Motherline di Naomi Ruth Lowinsky (vedi il mio articolo precedente). Il legame è la linea materna, l’unità di corpo e psiche che si attiva al richiamo e ci collega all’antico terreno, ai rami alle radici di tutte le donne.
Esther Harding scrive: “La capacità di generare dei veri bambini fisici è posta da parte di fronte al potere di sviluppare il bambino psichico interiore, che è ritenuto immortale, in quanto è al di là dei condizionamenti di questo mondo, ed esiste in realtà in un regno diverso dall’universo esterno o visibile”.
Nel radicamento c’è il farsi mito di Dafne, c’è albero, c’è foglia, e ramo. Il farsi vita. Eros in corpo. L’archetipo della Madre è per Carl Gustav Jung multisfaccettato, poliedro di luci e di ombre. Può essere eccessivamente chiuso, uroborico e soffocante, il ruolo che la donna inconsapevole, ignara della potenza simbolica che incarna, è portata a offrire nella relazione.
Oppure la madre, sedotta e seduttrice, può ricercare nella figlia la gratificazione della quale non dispone altrove. Identificata con la figlia, può divorarne gli ossicini, madre strega. Nella poesia, il radicare è equilibrio.
Potrei divorarti, ma.
Potrei non farlo e offrire a te il latte.
Sally Read (nata nel 1971 nel Suffolk) è una poetessa e scrittrice britannica ed ex infermiera psichiatrica.
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