Il miracolo dell’inanellarsi delle parole – per dire il nulla e il tutto, per cantare, per pregare laicamente la natura, per dirne l’infanzia, al di là dello spazio e del tempo percepibili, e poi la vita, quella quotidiana, la vita del nascere e crescere nel mondo – nel racconto dell’uomo. CZ

Tre testi da Foglie altrove:

Di notte gli alberi respirano con noi,
conservano i gridi rapaci degli uccelli.
Nella rete dei rami stringono la luce
che si trattiene
poi precipita di colpo sulle cose
e benedice il loro solido respiro
con una mano immortale, spalancata.

*

Allacciarsi le stringhe poi uscire
nei pomeriggi di luglio a testa alta
col sole che sbiancava l’orizzonte.
Giocare fino a perdere il respiro,
un battito piantato nelle tempie.
Crescevano i capelli, le ginocchia
si facevano più dure. Il fumo della fabbrica
inceneriva il cielo.

Esisteva soltanto la luce in quei cortili.
Noi, la polvere
e un gomitolo di ombre accanto al muro.

*

Il mattino fioriva sul lenzuolo sottile
che avvolgeva ogni nodo di carne
il contrappeso dei muscoli contro le ossa
la fuga del sangue dentro altro sangue.
Eri un incarto di gioia, aprivi appena
gli occhi contro la santità
di un cielo indifferente che accoglieva
il battito irregolare del tuo petto,
il respiro incerto, la ruga tonda
del capo poggiato sul mio braccio.
Lo stupore era un’onda bianca
la meraviglia di un giorno puro,
inciso nell’aria.

*