Il pensiero emotivo di Carlo Giacobbi | Nota di lettura su <<Infinito andare>> di Emanuela Dalla Libera (Il Convivio Editore, 2022)

 

Il titolo che Emanuela Dalla Libera assegna alla propria silloge – <<Infinito andare>> – contiene già in nuce, in termini programmatici, l’idea dell’esistenza quale voyage sempre in fieri. Il dispositivo verbale (<<andare>>) declinato nella sua forma base, che già ex se rimanda all’indefinitezza temporale del trans-ire, è rafforzato dal lemma – in funzione aggettivale – <<infinito>> che, a fortiori, protrae la condotta di cui al verbo citato oltre le categorie spazio-temporali.

Si potrebbe dire che la Nostra, come dimostrano l’immaginario e la semantica del corpus lirico, recuperi la poetica del vago e dell’indefinito del poeta di Recanati (cfr. p. 20, <<un senso vago di inquietudine remota>>; ibidem, <<nella corsa che trascina il tempo all’infinito>>) ponendo in dominante il thauma, lo stupore – certo inquieto ma non disperato – che suscita la contemplazione della Natura, osservata dalla poetessa in uno spazio meditativo che ricorda l’otium degli antichi, dove la dimensione dell’ascolto e le disposizioni dell’animo sottraggono l’io-lirico all’atarassia, anzi lo pongono in henosis quasi mistica con il reale.

La percezione della fine – pure inevitabilmente presente nel pensiero di Dalla Libera – non intacca la fides nell’avvenire (cfr. p. 24, <<in un silenzio / stremato d’avvenire>>); il nous è sempre addolcito da una sorta di lieto sperdimento, di quella grata ebrietudine che alberga in chi riesce a scorgere <<l’incanto in ogni segno>> (cfr. p. 12), in una rêverie bachelardiana dove il cogito del sognatore coniuga <<attività onirica>> e <<bagliore di coscienza>> (La poetica della rêverie, capitolo quarto, p.156), anche – come s’è detto – nella constatazione dell’evento terminativo.

Ed infatti, come si legge nella lirica <<Dove geme d’inverno il melograno>> (cfr. p. 19) la mestizia del tono assertivo e sentenzioso dato dalla locuzione incipitaria <<Lo so, un giorno dovrò arrendermi>>, è temperata dalle congiunzioni avversative <<ma>> di cui ai versi 5 e 17 (nell’ordine: <<Ma fino allora aspetterò ogni sera / che la quiete scenda>>; <<ma nella luce / e dentro il buio che ancora mi ruoteranno intorno / io stretti terrò negli occhi l’ambra di mare / e il fiore d’elicriso>>), le quali, appunto, svolgono un ruolo reattivo ad ogni possibile rassegnazione – già in vita – al disfattismo esistenziale.

Il livello stilistico è connotato da un utilizzo lirico del verso (nel senso di intimistico), spesso piano e senza scarti linguistici, scevro da complicazioni sintattiche (se non per l’uso limitato di inversioni: cfr. p. 12, <<le voci che confuso hanno il giorno>>), con anafore (cfr. p. 11, <<Amo i luoghi>>) e recupero d’un lessico classicheggiante (cfr., p. 11 <<fole>>; p. 12, <<fronde>>; p. 22 <<ilare>>, etc.) a volte in forma apocopata per esigenze di scansione ritmica  (cfr. p. 24, <<le mie mani tese a trattener / l’amore>>), con ritorni fonici in clausola (p. 11, <<e le fole / (…) ebbra di parole>>) e sovente interni a guisa di rimalmezzo (cfr. p. 12, <<sfuma a poco a poco, e pare un gioco>>) o con le  sonorità più sfumate delle assonanze (cfr. p. 16, <<(…) giorni di allegrezza ignara / (…) ché il cerchio ritornava>>).

Un’opera matura, quella di Dalla Libera, frutto d’un vissuto che ha conosciuto anabasi e catabasi (cfr. p. 13, <<le ripide salite e i precipizi>>) e che l’Autrice percepisce ab imo corde per il medium d’un mondo naturale che ella ovviamente non limita all’imitatio riproduttiva, ma che fa assurgere a correlativo oggettivo dei moti dell’animo, partecipati, questi ultimi, al lettore, mediante una pronuncia che fa della prima persona e dell’indicativo presente degli enunciati, il carattere distintivo del dire poetico della Nostra.

Un dire che accade ad ogni lettura, nell’hic et nunc del momento presente, e che ci consegna un suggerimento: quello di provare a dire e ripetere a se stessi, contro tutte le possibili avversità dell’esistere: <<Amo (…) Amo (…) Amo>> (p. 11).

 


Nata a Vicenza, laureata a Padova in Lettere e Filosofia, Emanuela Dalla Libera ha insegnato materie letterarie negli istituti superiori. Trasferitasi da qualche tempo in Maremma Toscana si dedica alla poesia. Ha pubblicato due sillogi poetiche, <<Lo sguardo altrove>> e <<Sedimentare il tempo>>, entrambe edite da Gilgamesh. Fa parte di associazioni culturali e collabora con riviste di critica letteraria. Ha partecipato a concorsi letterari nazionali e internazionali ottenendo numerosi premi e riconoscimenti.