Angoli di poesia di Luca Ariano | Filippo Davoli, Dentro il meraviglioso istante, CartaCanta, 2021

 

A tre anni dall’antologia Poesie (1986-2018) edita da Transeuropa, Filippo Davoli dà alle stampe per CartaCanta nella collana  “I Passatori” curata da Davide Rondoni, Dentro il meraviglioso istante con la prefazione di Giovanni Tesio. Nella medesima, con precisione  e acutezza, Tesio ricostruisce  il percorso della produzione di Davoli e i tratti salienti della sua poetica. Il critico piemontese definisce “poesia onesta” (con chiaro riferimento a Saba) la poesia del poeta maceratese e ci sentiamo di sposare in pieno questa affermazione che appare subito chiara nella prima poesia della raccolta che fa quasi da antiporta: “Sono uno che scrive. Ci lavoro / spesso di notte o quando viene buono. / È un dolore che chiama e che conquista / noi gente strana che ci tocca scrivere. […]” Numerosi sono i maestri poetici di Davoli, in primis Mario Luzi citato in esergo con un meraviglioso verso tratto da Sotto specie umana dalla quale è tratto il titolo di questa raccolta: “Però dentro la vita, dentro / il meraviglioso istante.” Non solo il poeta fiorentino è presente tra i numi tutelari dell’opera di Davoli, ma anche Alfonso Gatto, Umberto Saba già citato e Franco Loi che per il poeta marchigiano è stato più che un maestro, l’amico di tutta una vita. Così, mirabilmente, Tesio definisce la poesia di Davoli: “Nei testi di Davoli, sempre e sempre più, a prevalere è l’immediatezza della comunicazione, il primo livello di una scrittura che procede dall’“occasione” e che mira a una referenzialità ineludibile, ma che in qualche caso anche passa attraverso una potenzialità analogica che si manifesta in salti mitemente quantici, riconducibili a più assorte atmosfere di ascendenza remotamente ermetica (un ermetismo postremo e profondamente rivissuto e ri-usato). Per un verso, quindi, l’incidenza connaturale di un calibratissimo ductus prosastico; per altro verso l’addensamento di un dire più enigmatico e interrogativo, più sinteticamente poetico.
A farne fede anche il lessico che nella sua consonanza a tratti persino dialettale, ci parla di consuetudine e di “normalità”, e che tuttavia s’intride a tratti di parole e modi segnalabili per la loro preziosa rarità (rigagno, pomario, brivida, meraviglio (d’uso non riflessivo), cupore, rancura, s’abbuia, intorta, scrimolo, divieta, obiurga, malure, famuli, viridando, si raccorcia e così via), quando non, addirittura, di parole che paiono convocare una per altro lesta e consustanziale intenzione espressionistica: “V’è l’estro che dipana/ dall’emisfero destro, l’altro aggruma/ ciò che dall’uno scrolla. Disti e torni/ a te da te”. O più ancora: “In un balzo fu uomo e ti conobbe/ lì dove il cuore èrgota e s’azzurra,/ s’abbruna il sangue e srondina. Ma alta/ ne è la gazzarra, rimontante il botro./ Un esplodere d’acque tra le giuncaglie/ e il formichio./ La luna ti recinta dentro il buio”. La raccolta è divisa in due sezioni: la prima, Riletture, vede una ripresa di antiche poesie riscritte che subito ci fanno addentrare nella poetica di Davoli con la prima poesia del 1998 Domenica sportiva dedicata ad Umberto Saba. Numerose le poesie dedicate non solo ad amici scrittori e poeti, ma anche a famigliari e a ricordi personali come quelli dell’infanzia e della terra maceratese: “Che sono i ricordi d’infanzia? Tenere trame / dove si celano mitologie domestiche, / frasi che si tramandano senza la voce / che un giorno le pronunciò.  […]” Nella seconda sezione Dentro il meraviglioso istante si susseguono le poesie dedicate alle amicizie, ma non solo, anche al vissuto e alla quotidianità di ogni momento sempre osservata dal poeta con stupore e a volte con malinconia e un vago tocco crepuscolare: “Le foto degli amici nella camera. / Sbucano tra i libri, fanno appena / capolino accennando, li riaggiusto / chi dietro, chi più avanti, perché appaiano / tutti, sopra la mensola. […]” La sezione si snoda via via seguendo la vita del poeta che coglie vari attimi e pare quasi di vederlo fotografare istanti di vissuto, ma anche di storie ascoltate e di emozioni con un tocco che solo certi poeti sanno cogliere: “Quando rientro a casa che è notte / accendo sempre la luce della tua camera / per vedere se sei tornato. Ci troveremmo / come allora in silenzio dentro le ore, / sorpresi di rivederci ma lieti / come i tuoi amici che invecchiano al Caffè.” (A mio padre). In questa poesia, non solo è evidente il modus scribendi di Davoli, ma notiamo, così come in tutte le sue poesie, una certa attenzione e perizia alla musicalità e al dettato del verso. Non un caso la sua passione musicale e i suoi studi che l’hanno visto anche collaborare con musicisti e cantautori.  Nella Piccola nota dell’autore finale Filippo Davoli dichiara di scrivere, come tutti i poeti, sempre lo stesso libro, così come di vivere la medesima vita che è in fondo una sua dichiarazione di poetica, ma vogliamo chiudere questo breve scritto ancora con Giovanni Tesio che così sintetizza la sua poesia: “Lirica ed elegiaca per eccellenza, la poesia di Davoli – nella sua grazia e nella sua levità, nella sua mitezza – ci invita alla sua voce, che nella continuità del suo farsi e del suo dirsi sa raccoglierci nell’alta consolazione della parola che vibra di verità, che nella prospettiva orizzontale dello sguardo addomestica – con la sua dolcezza collinare – il profitto della più ardua altura.”

   

Perso per sempre. E come mi commuove

questo intrecciarsi franco dei paesi.

Senti portarti via, uscirti, essere

attraversato dai giorni, dentro un oltre.

Perché in fondo le ombre della notte

sono le luci e il loro gergo di rondine

spaesato è un fiotto d’ombra.

Ai lembi d’aria smorza l’allegria

un compatto ristare di baleni.

Che brulicare d’astri, tra la cenere…

 

 

È il tuo un giardino senza sterri

incolume al diluvio. Accarezzo

le carte stropicciate, l’umidità dell’intonaco

l’azzurro e il verde che conservi in teche. Prego

 il giardiniere del pomeriggio di disturbare,

di trovare una scusa che giustifichi

una qualche irruzione.

 

Hanno ricostruito il Tuo incarnato

dal lenzuolo di lino, al computer.

Sei uomo e non solo racconto, non solo spoglia

impressa nella sindone nell’attimo

che tornasti alla vita. Mi fermo

su tutto il Tuo essere sfigurato,

sul Tuo sangue da bere che si raggruma.

Questo sei proprio Tu, è così che Ti vedrò,

ripeto in me. E mi vorrei innamorare.

 

 

Città comunque vitale,

sia quando il freddo sale dalle stive

sia quando il caldo rivive.

Cittadella gentile

dentro l’estate rovente,

dentro le vibrazioni

delle mai spente accensioni.

E nelle sagome umane che corrono via

un’aria di pulizia e di rigore,

di compostezza e decoro,

di antica educazione.

Bella anch’essa da viversi,

la gente del mio rione.

 


Nato a Fermo il 22 agosto del 1965, Filippo Davoli vive e lavora a Macerata. Voce tra le più attendibili della poesia italiana contemporanea, ha tra gli altri pubblicato gli ormai introvabili Alla luce della luce (Nuova Compagnia Editrice, 1996 – Introduzione di Franco Loi), Un vizio di scrittura (Stamperia dell’arancio, 1998), Padano piceno (GED, Biblioteca di Ciminiera, 2003), Come all’origine dell’aria (L’arcolaio, 2010) e La luce, a volte (liberilibri, 2016 – con una nota di Massimo Raffaeli), in parte confluiti con due inediti nell’antologia Poesie 1986-2016 (Transeuropa, 2018, introduzione di Massimo Morasso). Finalista al Premio “Dario Bellezza” del 2001, è tra i vincitori del “Premio Montale” dello stesso anno per l’inedito, pubblicato col titolo 14 solitari in 7 poeti del Premio Montale (Crocetti, 2002). È tradotto in Francia nell’antologia Filippo Davoli. Cinquante poesies – 1994-2003 (Editions Bénévent, 2007), a cura di Daniel Bellucci, e in persiano da Hooman Ghaempanah. In ambito critico, insieme a Guido Garufi ha curato il volume In quel punto entra il vento, dedicato alla ricezione della poesia di Remo Pagnanelli nelle nuove generazioni (Quodlibet Studio, 2008). Appare con un suo studio nel volume Cantami di questo tempo. Poesia e musica in Fabrizio De André. Atti del Convegno 140 dell’Università di Cagliari, giugno 2003 (Aipsa Edizioni, Cagliari, 2007). Allievo di Claudia Colombati e Kaziemierz Morski e da sempre vicino al mondo musicale (tra gli altri in sinergia con Hector Ulises Passarella), con il cantautore Claudio Sanfilippo ha inciso nel 2015 il Cd Avevamo un appuntamento, in cui le canzoni di Sanfilippo dialogano con le poesie di Davoli lette da Neri Marcorè. Del 2020 è invece il Cd Il sognatoio, opera sperimentale di Ludovico Peroni ispirata a un poemetto di Davoli e vincitrice del Premio “Teatro Musica e Shoah” dell’Università di Roma Tor Vergata in collaborazione con il Centro romano di studi sull’ebraismo. Ha inoltre curato la biografia di Tarcisio Carboni. Un pastore con l’odore delle pecore (Fondazione Padre Matteo Ricci, 2015). Con Gabriel Del Sarto ha fondato e dirige la rivista “Nuova Ciminiera” (www.nuovaciminiera.it). È compreso in antologie come La poesia delle Marche. Il Novecento (Il Lavoro editoriale, 1998 – a cura di Guido Garufi), Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970- 2000 (Garzanti, 2001, a cura di Franco Loi e Davide Rondoni), Trent’anni di poesia italiana e dintorni (Book Editore, 2005 – a cura di Alberto Bertoni) e Sulla scia dei piovaschi. Poeti tra due millenni (Archinto, 2015). Della sua scrittura si sono occupate diverse testate, tra cui “Sole 24 Ore Domenica”, “Avvenire”, “La Stampa”, “Rai RadioUno”, “Il Tempo”, nonché riviste come “America Oggi”, “Poesia”, “ClanDestino”, “Origini” e “Pelagos”.