A tentoni nel buio di Paolo Polvani | Vedo gli anni come foglie che ancora stanno volando via (note di lettura a Cartoline dalla casa del tempo, di Fernanda Ferraresso, Terra d’ulivi edizioni 2021)
Un primo indizio per una corretta lettura della raccolta di Fernanda Ferraresso, Cartoline dalla casa del tempo, ci viene fornito dal titolo della prima sezione: “Per scrivere il mio diario”, e dalla postilla riportata subito sotto: Ogni giorno ho raccolto cartoline nella casa del tempo / la luna di passaggio mi dice che tutto è solo spazio.
Qual è il senso di tenere un diario? certamente lasciare traccia del proprio passaggio, incidere il tronco della memoria perché anche ad altri sia consentito osservare le tracce di quel passaggio, inoltre il diario risulta efficacissimo strumento per l’approfondimento della conoscenza di sé, per diventare consapevoli dei passaggi e dei paesaggi che attraversano la nostra mente e delle situazioni ed emozioni che coinvolgono le nostre giornate, per far sì che siano le nostre parole a scandire il tempo.
Già dai primi versi troviamo riscontro a quanto espresso: “ho imbandito una scrittura di aghi che mi pungano la lingua e la gola” e più avanti ancora cita lo sguardo, sempre assonnato, “per vedere cosa sia finalmente la mia vita”, e sembra voler ribadire il concetto nei versi: “ cosa c’è di prezioso tra le terre delle parole / che sono le mie scapole / dentro tutti i vocabolari dei polmoni” …”nelle raccolte di poesia di un fiotto rosso lucente / sceso dal mio polso / come una sorgente che sanguina l’io come un inchiostro”.
Qui troviamo un indizio ancora più efficace e risolutivo, l’adesione alla scrittura come fonte di conoscenza e rinvenimento di una casa dove sentirsi bene, di una patria dall’accoglienza sicura e che tutto abbraccia: “Trovo una terra di nessuno soltanto quando scrivo, come se dalle mani tutto l’inchiostro che schizzo riuscisse a strapparmi dall’oscurità in cui a volte affogo. Eppure è tra quelle righe, come linee di confine, che avanza di me qualcosa in cui finalmente mi riconosco ed è un sentire forte, intensamente, qualcosa che abbraccia tutto e tutti e mi fa sentire casa e contemporaneamente a casa, una casa che riesco a tenere, senza possedere, con una tenerezza disarmante e lì trovo te, infinita, senza più riuscire a dire cosa sia questa, questa vita di adesso, dove sto murata tra giornate che mi trascorrono e notti che mi spalancano, come un tronco d’albero reciso in un lampo e abbandonato su una spiaggia sconosciuta”.
La raccolta alterna testi in versi ad altri in prosa. Ai testi in prosa è affidato il compito di registrare l’attività onirica, oppure di riportare alla memoria stralci dell’infanzia, o riflessioni brevi, ma sempre riconducibili nell’alveo di un’impronta poetica: “Amara come l’inferno, azzurra come il cielo, la cicoria selvatica”. “Scorre da dentro a fuori una sequenza di immagini che credo siano il mio archivio più segreto”.
In queste intermittenze in prosa si nascondono piccole perle di poesia che difficilmente sfuggono a un occhio allenato e testimoniano della profondità della ricerca del flusso inarrestabile di questo diario che scava nella scansione dei giorni: “Appena si nasce si vola all’interno di un battito cosmico, poi lo si dimentica”. E anche: “Sei tu, quel vaporetto di parole, che nel mio orecchio scrivi il quotidiano dei giorni, disarmato calendario senza la miccia del tempo”.
L’argomento del libro è dunque la scansione del tempo, osservata da un’angolazione originale, secondo una visione che negli anni vede non una sequenza temporale ma un flusso di spazio, “sono porte che si aprono e si chiudono secondo direzioni imprevedibili”. Questo flusso di spazio trova nella scrittura il suo sigillo, la conferma della sua concretezza: “Così noi / fogli di una infinita scrittura / dalla vita siamo aperti / al cielo alla terra all’acqua”. Infatti quest’apertura che ci connota fa sì che noi non siamo solo uno, “non siamo identificabili che in una unità molteplice”.
Le cartoline inviate dalla casa del tempo evidenziano un cammino di ricerca, presentano l’urgenza di domande che incalzano e inseguono: “dov’è il cammino? Il cammino è sempre da trovare”.
In questa ricerca lampeggia nei versi la poesia, vero filo conduttore del diario, del cammino, del flusso spaziale, una poesia fatta di lampi, di illuminazioni brevi e profonde, che a volte lacerano ogni certezza, a volte aprono varchi nuovi nella comprensione del mondo: “masticando il mondo dentro la mascella / migliaia di parole sgusciano in fretta”, e più avanti il verso prosegue con questa rivelazione circa le parole: “galleggiano strofinandosi tra loro / scintillano sole parole come terre come frammenti e schegge”…
Qui è tutto un rincorrersi di versi precisi e memorabili: “nemmeno una nuvola che ci cammini in bilico”, “l’otre che si gonfia come il ventre del vento”. Ma riportare tutto lo scintillio dei versi significherebbe trascrivere l’intera raccolta, meglio soffermarsi nell’ascolto, perché: “Ascolta. C’è ancora una voce che chiama”.
dietro il muro di cinta
sogni e fantasmi abitano già dentro la mia infanzia
della mia casa scuotono le fondamenta
insegnandomi nuovi registri di realtà
rigenerando la grammatica della mia sensibilità
ogni connessione tra il prima e il dopo
l’ordine di una scrittura che è un vero autonomo
e della mia minuta
parola sostanza e natura amalgamano
il tempo più largo o l’irruenza
con cui passo dell’emozione il riflesso
in un territorio prima indicibile e ora mio corpo
protagonista di un foglio che abita il mondo
e senza l’alambicco della ragione pratica ogni mia dimensione
conquista la mia disciplina aprendomi verso ciò che davvero è
essenziale uno scavo profondo
nei regimi dell’oscuro tra dolore e colore dove vivente
abita un attimo durevole che svela i segreti del tempo
della pietra della paura e dell’amore.
° ° ° ° °
È capitato tutto così in fretta
solo ora che guardo da questa finestra stretta
vedo gli anni come foglie che ancora stanno volando via
da qui dal mio piccolo immenso
mondo sopra cui erano scritti segreti messaggi
divine patologie di gioia e ansia
molti moltissimi altri enigmi che non ho ancora decifrato
le mie mani per esempio e i passi più di tutto
che tanto hanno giocato tramando il tempo
così poco osservati così poco letti
lettere piegate e riposte subito
in poco troppo poco tempo
per comprenderne i segni profondi
come nei campi anche le rughe del mio volto
come lunghi filari di giorni
e in quiete le chiocciole dei suoni
nei labirinti dei ventricoli e degli orecchi
tutte le trasmissioni dei sogni come libri mai editi e
tanto così tanto ancora
in quel poco
in quel niente che sono
immenso un frastuono di ere
° ° ° ° °
E se mi volto
quanti salti ha dovuto misurare
la bambina che ero e quella che ancora mi porto dentro
intrappolata nel labirinto di una realtà che mi abita in silenzio
un piccolo paese che è il luogo dei luoghi che mi racconto
i cui abitanti dipendono dal mio sguardo
mentre da sola cammino in un giorno senza calendario
leggendo le sue poesie nelle strade che si perdono nel mondo
quanti quanti salti
tra i frammenti di così tanti corpi e luoghi e tempi
persone personaggi ciascuno un libro
e tanti interpreti di un solo desiderio
conoscermi conoscendoti
Fernanda Ferraresso. Nata a Padova, laureata in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni di poesia, recensioni in diverse testate nazionali, traduzioni di autrici e autori inglesi, americani, iraniani e afgani dall’inglese e dallo spagnolo. Molti dei suoi testi hanno tematiche relative a problemi e temi sociali, l’immigrazione, la coercizione della libertà, l’inquinamento e lo sperpero di risorse, l’abuso, la violenza sulle donne, ma non mancano quelli visionari e onirici in cui la natura e il paesaggio sono i soggetti preferiti. Molti i critici che si sono dedicati all’analisi delle sue raccolte. Numerosi suoi testi sono presenti in rete in molti siti che si occupano di letteratura e d’arte. Collabora alla collana Parole di cristallo per Terra d’ulivi Edizioni. È curatrice del sito online Cartesensibili (https://cartesensibili.wordpress.com/ )
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