A tentoni nel buio di Paolo Polvani | Avremo solido canneto e una fetta di luna (note di lettura a Il mondo s’è fatto male, di Antonella Vairano, CSA editrice 2019)

 

Perché scriviamo? perché si scrive? è una domanda che assilla molti di noi, quelli che scrivono conoscono bene quel richiamo fisiologico, l’impellenza di quel bisogno. Indagarla significa affondare le mani dentro una materia misteriosa e ambigua. Diamo voce a uno degli innumerevoli condomini che ci abitano? ci specchiamo dentro le parole?  spalanchiamo una finestra per far entrare aria nuova?  obbediamo all’imperativo della lingua per aggrovigliarla ulteriormente? Paul Celan parla di “canto di emergenza”, e appare evidente la possibilità di una doppia lettura della parola emergenza: l’emergere, l’affiorare di un bisogno, della necessità di esprimersi, e insieme un accadimento che necessita di un provvedimento straordinario, un’urgenza che spinge, che costringe alla scrittura.

Mistero è il titolo di un interessantissimo libro di Silvia Bre che indaga il rapporto tra poesia e mistero. A pagina 9 leggiamo: “Il rapporto del mistero con le parole: le parole evocano il mistero, lo mostrano, lo rivelano ma non lo consumano. Ogni forma letteraria ha un suo proprio rapporto con il mistero. Qual è il rapporto che la poesia ha con il mistero?”, e più avanti: “Il mistero è l’evocazione più diretta della vita. Come le parole presuppongono il mondo, così la poesia presuppone il mistero. Ciò significa che massimamente misteriosa è anzitutto la realtà, e che la poesia può essere una forma di intensificazione della realtà”.

Non sfugge a questa atmosfera di mistero il libro di Antonella Vairano, Il mondo s’ è fatto male; a più riprese lascia affiorare una certa consapevolezza nei confronti del mistero: – Come folgore / di mistero favoloso…/balla…” e in un’altra poesia, dal titolo enigmatico Probabile incerto, ne parla in maniera ancor meno allusiva: – Quello che somiglia / al segreto della parola / che stanca e resiste -.

Già il titolo appare come una dichiarazione di intenti, nella sua diretta, esplicita franchezza, evidenziata ancora più chiaramente nell’introduzione scritta dall’autrice: “La mia raccolta di poesie è un viaggio impegnativo che attraversa il male che dimora e bivacca accanto a noi”.

Ora questi mali del mondo nella poesia di Antonella non vengono presi per i capelli e trascinati in piazza esposti al pubblico ludibrio, bensì aleggiano, volteggiano nei versi, si lasciano scorgere controluce.

Guido Guidi viasaterna

Fiducia nella capacità salvifica della poesia? se ne circola appare frammista a una consapevolezza dolorante sullo scarso appiglio che la poesia è in grado di esercitare sulla realtà, evidenziata nel verso “Il poeta non può / fare niente!”. Verso che si presta a una duplice interpretazione, letta in maniera piana sembrerebbe che al poeta sia sottratta qualsiasi possibilità di intervenire sulla realtà in maniera risolutiva, ma si può intendere anche come un’esortazione, il poeta non può restare inerte di fronte al dilagare del male, deve prendere posizione, farsi parte attiva, mettere i versi al servizio di una causa. Dunque nel verso alligna una volontà di resa o si tratta di una chiamata alle armi?

 

Babilonia

 

Che ci fa il Poeta a Babilonia?

È come un titano

ebete in una torre nana.

E che Dio abbiamo che

scompiglia le lingue

per non perdere il trono?

E che Dio potremmo mai

avere

che sfida le guerre solo se

sono comode?

Io ci passo in mezzo

a gambe levate!

Ehi Dio….

esci dal tuo cerchio d’incenso!

Fuori c’è l’olocausto

di omicidi di innocenti.

Il Poeta non può

fare niente!

Il peggiore peccato

rimasto

è un sacerdote fermo

con una preghiera in mano.

foto di Guido Guidi

Nel libro i versi narrano di come il male sia ben radicato nella natura umana, ma a fare da controcanto, scorrono foto di bambini colti in momenti particolarmente felici o creativi; in una nota introduttiva scritta dall’autrice si legge: “Nell’opera sono presenti immagini che ritraggono bambini in momenti di gioco, di abbracci che mi commuovono profondamente”. Quindi la speranza affidata alle mani dei bambini, una sorta di Mondo salvato dai ragazzini, che mi ricorda i versi finali di Apocalisse, libro in versi (e immagini) di Bifo: – Soltanto voi potete. Solo voi ragazzini / vi potete inventare / una sceneggiatura / perché la vita umana / non sia più una sciagura / ma un’eterna vacanza, / frugale, allegra, pigra, / sensuale e irresponsabile, / Insomma: un’avventura -.

Infatti il libro è tutto segnato da una sotterranea speranza, che s’intravvede già dai primi versi: -…e vedo / sulle dita asciutte / il primo torpore / di luce essenziale -, e anche da certi titoli, per esempio Manca poco per l’alba, e anche Uomini buoni, e altri. Quindi è vero che il mondo s’è fatto male, ma una speranza non si nega a nessuno: – Riportami a casa Poeta / Scendi dallo scalino che gira in tondo. / accompagnami -.

Scrive nella prefazione Maria Grazia Calandrone: – La qualità sonora della poesia di Vairano è infatti quella dell’inno, la sua è parola piena, sebbene contenuta da un ritmo percussivo, quasi sincopato: parola piena di slancio energico alla fusione vivente e piena di resistenza e disperazione. Insomma, di ribellione -.

E più avanti: “Il ritmo dell’intero libro è infatti a fiato corto, fatto di versi brevi e incisi”. Se dovessi indicare una crepa nella raccolta, direi sicuramente un eccesso di maiuscole, per esempio nella parola Poeta, come se da questa figura ci si attendesse un improbabile riscatto alle malefatte dell’uomo, come se davvero alla poesia fosse affidata la missione di salvare il mondo. Di certo c’è che – questo è stato un lungo inverno -, un verso che evidenzia bene l’atmosfera di questi ultimi anni e che probabilmente potrebbe estendersi a lunghi tratti dell’umana esistenza. Ma Antonella ricorre a un’immagine biblica e proclama: “Sarò il controcanto della tua costola bassa / svuotandola dal male”.

La progressione del verso è martellante, incessante, prende la mano e accompagna con una voracità di lettura che trascende il significato, e racconta di uno stato d’animo emergenziale, dell’impellenza del dettato.

 

Bel mondo

 

Bel mondo

sì, un bel mondo.

È un atto unico

di veglia perenne.

Il luogo che si vede

senza scontri.

La scorza di un limone

che tiro con i denti.

L’ottava meraviglia

e il primo calice.

Mi ha messo le mani addosso

intrise di girasoli.

Mi ha messo la luna a fianco

ed un quarto di sole.

Come folgore

di mistero favoloso…

balla…

Come corda di mare

di doppio capogiro…

non si ferma.

 

Antonella Vairano